La prima internazionale

Il Socialismo, che ha fortemente condizionato la politica dalla seconda metà dell’800 fino a tutto il ‘900, ha una storia complessa, fatta anche di divisioni, scissioni e posizioni molto diverse pur nell’ambito dello stesso movimento.

Esso nacque sostanzialmente per far fronte alle mutate esigenze lavorative ed economiche che l’epoca imponeva, e l’intento principale era giungere ad un miglioramento della società attraverso condizioni di vita e di giustizia sociale più eque ed uguali per tutti.

Abbattere, o quanto meno livellare il più possibile le disuguaglianze era, per dirlo semplificando, lo scopo principale del movimento.

Ad un certo punto, si fece strada la convinzione che quanto più il capitalismo andava diffondendosi nel mondo, tanto più la lotta per l’emancipazione della classe operaia doveva avere dei punti fermi ed essere coordinata da direttive comuni che riguardassero le varie Nazioni.

In pratica, la parola d’ordine che finì per accomunare tutti i socialisti del pianeta fu “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”.

Allo scopo, nacque la cosiddetta Prima internazionale.

1864: nasce l’Associazione internazionale dei lavoratori

Il 1864 segnò un momento di svolta nella storia del Socialismo.

I due maggiori teorici e filosofi del movimento, Karl Marx e Friedrich Engels, costituirono proprio in quell’anno l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, il cui obiettivo dichiarato era quello di coordinare a livello globale tutte le iniziative che riguardavano il movimento operaio e con l’ulteriore scopo di diffonderle il più possibile in tutti i Paesi.

Questa associazione, in seguito, è stata chiamata Prima Internazionale per differenziarla da quelle venute dopo.

Tuttavia la pratica fu ben diversa e decisamente più complicata della teoria e non si arrivò alla tanto auspicata convergenza di idee, linee ed intenti che i capi del movimento avrebbero voluto.

Le differenze tra i rappresentanti delle organizzazioni che facevano parte dell’Internazionale infatti, apparvero fin da subito molto profonde e, nella maggior parte dei casi, del tutto insanabili.

Le linee politiche da seguire e gli obiettivi erano diversi e spesso affatto collimanti l’uno con gli altri.

Le correnti più forti

All’interno dell’Internazionale dunque, c’erano più posizioni.

Karl Marx e i marxisti, coloro cioè che ne condividevano le idee e gli intenti, pensavano che si dovesse lottare per ottenere delle condizioni di lavoro più giuste ed erano favorevoli al suffragio universale.

Non erano tuttavia dello stesso parere i riformisti inglesi e il politico e patriota italiano Giuseppe Mazzini, che invece non credevano ad una eventuale rivoluzione proletaria che potesse sanare il conflitto esistente tra la classe borghese e quella dei lavoratori.

Essi concordavano sul fatto che gli operai avessero tutte le ragioni di battersi per ottenere maggiori diritti e condizioni economiche più vantaggiose ma, a differenza dei marxisti, ritenevano anche che la proprietà dei mezzi di produzione dovesse restare privata.

Una posizione pertanto, evidentemente più morbida e molto meno rigida rispetto a quella marxista.

Le divisioni interne ed una certa approssimazione nell’organizzazione stessa dell’associazione, unite a fatti contingenti come il fallimento della Comune di Parigi e la grave crisi economica del 1873, portarono, nel 1876, allo scioglimento della Prima Internazionale.